Era opinione diffusa che la narcatura si contraesse passando sotto un arco o attraversando un crocevia ove, incautamente, altri si fossero liberati del malanno. Essa si manifestava sotto forma di depressione fisica, di debolezza generale, di malessere diffuso, di dolore alle ossa.
La guaritrice faceva disporre carponi sul pavimento il paziente, i piedi giunti e le braccia allargate. Staccava quindi un segmento di spago corrispondente alla lunghezza del corpo del paziente dalla sommità del capo ai calcagni, per confrontarla con l'ampiezza dell'apertura delle braccia, dall'estremità del dito medio della mano destra a quella del medio della mano sinistra.
Se la lunghezza risultava corrispondente all'ampiezza dell'apertura delle braccia, la narcatura era inesistente.
Se il segmento di spago risultava, in ampiezza, di lunghezza inferiore tale da escludere la falangetta del dito medio, se ne desumeva che la narcatura durasse da un mese. Se, dalla misurazione, risultava eccedente anche la falangina, lo stato patologico durava da due mesi; se pure la falange, da tre mesi.
Se, alfine, l'estremità dello spago giungeva soltanto fino al centro del palmo della mano, il paziente era affetto da narcatura da quattro mesi; se fino al polso, da cinque mesi; se fino al gomito, da almeno dieci mesi ed in quest'ultimo caso nessun rimedio era più possibile.
Laddove la guaritrice riteneva 1'intervento di una certa utilità, ripiegava più volte su se stesso il segmento di spago fino ad ottenerne una matassina della lunghezza di dieci o quindici centimetri con la quale, tenuta ben tesa fra l'indice e il pollice di entrambe le mani, toccava il paziente sulla parte posteriore del collo, trasversalmente prima e longitudinalmente poi, a imporvi per tre volte il segno della Croce, in gesti cadenzati sulla seguente formula:
Croce fatta,
arco levo;
Croce fatta,
arco levo:
Croce aggio fatta
e narcatura aggio levata.
Croce fatta,
arco tolgo;
Croce fatta,
arco tolgo:
Croce ho fatto
e narcatura ho tolto.
Si procedeva operando analogamente sulla zona renale, quindi ancora sulle giunture congiunte degli arti inferiori, ed alfine sui talloni uniti.
Ultimato il rito, lo spago veniva appallottolato e consegnato al paziente affinché se ne liberasse, preferibilmente distruggendolo nel fuoco onde evitare che altri, passandovi nei pressi, contraesse il male in esso imprigionato.