Notizie Storiche sulla Miracolosa Effige di Maria S.S. della Consolazione - Capitolo 10
Siccome dunque in ogni pubblico e privato disastro aveva sempre questa popolazione ricorso al pietoso Patrocinio di Maria della Consolazione; non essendo giammai mancato alle sue premurose richieste il pronto aiuto della Madre di Dio, per cui andò sempre più ad aumentarsi di essa la filial confidenza, la viva tenerezza e l’interna affettuosa gratitudine verso una tanta miracolosa Immagine: così non lasciò, nei trascurò giammai occasione veruna, nei alcun mezzo onde onorare potesse, e venerare la sua amorosa Regina, accrescerne e dilatarne il suo culto e la sua devozione.
- Avvenne verso la fine del 1811, che all’amministratore della Cappella della stessa Madre di Dio sopraggiunse una grave e lunga malattia, dà medici riputata come pericolosa e fatale; era egli nel fiore degli anni; di ricchezze fornito, di lusinghiere speranze ripieno: stava perciò molto abbattuto e costernato: vedutosi finalmente quasi vicino a soccombere, ebbe ricorse alla Madre Consolatrice, e si astrinse con voto; che se l’avesse da quell’istantaneo pericolo liberato, l’avrebbe fatta per la terza volta coronare. In effetti guarì. Si diè egli subito la premura di far lavorare la corona di oro. Non saprei esprimere il gran trasporto di giubilo, e le liete dimostrazioni di gioia alle quali a tale novella si abbandonò questo Popolo, il quale fece delle larghe offerte ed oblazioni per le spese, che sarebbero occorse per la solennità; e per decorare la pompa dovuta in tale circostanza. Stando in tal modo gli animi sollevati, ed approssimandosi il tempo, l’accennato amministratore fece sentire, che non poteva adempire la coronazione per la mancanza del Vescovo, di cui aveva fatto lunga ricerca e diligenza, nei gli era riuscito trovarlo. In fatti in questi tempi calamitosi le Chiese quasi tutte erano rimaste vedove dei Pastori, contandosene rarissimi. Fremé a tal voce il Popolo di dolore, e di rabbia; si progettarono molte cose, ma senza effetto: l’indolenza, e la tiepidezza di chi doveva operare era tale, che fece dissipare ogni speranza. Nell’anno susseguente, e nell’altro anno appresso si mostrò la stessa indifferenza ed intanto la popolazione ne provava il più vivo rammarico, motteggiava della troppo freddezza di alcuno, onde concepì per loro una certa avversione, e restò svogliato a segno per cui convenne, che un altro devoto Cittadino per fare celebrare la Festività in quell’anno 1814 andasse raccogliendo le larghe offerte dei fedeli. Fu d’uopo ancora nell’anno 1815 che lo stesso devoto circa un mese prima si portasse in giro a ricevere le offerte dei fedeli per fare celebrare la dovuta Festività: ma la popolazione quasi montata in furore, che più non si pensava alla coronazione già promessa, con unanimi voci fece sentire, che volevano assolutamente, che si fosse coronata la loro Madre Consolatrice, e che a tal’oggetto avrebbero sacrificati se stessi, e loro beni per qualunque spesa, o dispendio potesse occorrere. Si oppose loro la brevità del tempo, e la mandel Vescovo per l’incoronazione. Tutti risposero, che si fosse mandato a pregare l’Arcivescovo di Benevento, e mancando questo, si mandasse in Napoli per un Vescovo a qualunque interesse. Ma infatti il tempo sino alla festività era angusto, nei sufficiente ai granpreparativi da farsi: ma Dio esaudì le voci, ed i fervorosi desi~ di un popolo devoto. Un sacerdote si offerse di andare dall’Ara vescovo di Benevento, e partì all’istante accompagnato da mille popolari benedizioni, e felici auguri.
L’Arcivescovo accettò l’invito, anzi lieto si mostrò ed onorato di venire a tal’uopo. Il dì seguente molti del popolo impazienti andarono per lungo tratto di via, ad incontrare il Sacerdote di ritorno, e ricevuta la lieta novella, per via di segni, e di messi l’anticiparono a questa popolazione, la quale fu sorpresa da un tanto, e tale entusiasmo di gioia, che da quell’istante sino alla notte più avanzata non si videro per tutti i vicoli, e strade, che tripudi di allegrezza, balli, ed altri segni di straordinario piacere, non si udivano che voci, e grida di giubilio, e di benedizioni, il giulìvo rimbombo delle campane della Chiesa, che continuò sino alle tre della notte; insomma la sola notizia della venuta dell’Arcivescovo produsse nei fervorosi cittadini un si grande entusiasmo, che continuò poi, e durò fino alla fine delle feste. Era bello il vedere in quei giorni una buona parte del popolo abbandonar le campagne, e darsi chi, all’accomodo, e ripulimento della piazza, e delle strade, chi a biancheggiar le proprie abitazioni, che a formare archi trionfali, e chi ad altri lavori per rendere maggiormente decorosa, e di massima pompa la solennità. Anche i signori maestri delle scuole si diedero a far recitare dai loro alunni una ben lunga accademia di moltissime erudite Poesie latine, e toscane, in lode della Beatissima Vergine, ed altre in onor di Monsignor Arcivescovo, la quale fu con plausibile riuscita rappresentata dentro la Chiesa nel dì della coronatine. Non vi fu insomma cittadino, che non apprestò l’opera sua, e non si mostrò interessato in tale circostanza.
Approssimandosi il dì della solennità si portò in Paternopoli Monsignor Arcivescovo di Benevento da due Canonici della Cattedrale accompagnato, e da molti dei nostri Sacerdoti e galantuomini. Assaissimi nostri cittadini andarongli incontro a mezza strada; ma circa un miglio distante dal paese, una folla di giovanotti, e ragazzi con rami di ulivo in mano, si portò all’incontro gridando:
Benedictus qui venit in nomine domini, il che fu di un estremo gradimento al Sacro Pastore. Fu ricevuto infine con mille segni di acclamazioni, e di gioia di tutto il popolo, dal Vicario Capitolare della Diocesi, dall’Arciprete, ed altri, canonici di Frigento a tal oggetto venuti, e dal nostro Clero, e galantuomini.
I parati della Chiesa furono questa volta più magnifici e ricchi, che recavano agli spettatori ammirazione e stupori. V’invitarono moltissimi musici, divisi in due corpi, uno dei quali stava fisso in Chiesa, e l’altro girava pel paese, che aveva il suo orchestra in mezzo alla piazza e molti altri strumenti musicali per tenere in allegria la solennità si rendevano dappertutto; ed il tutto insomma cospirò a rendere decorosa, assai pomposa, e solenne la festività della nostra pietosa Madre e Regina.Correndo l’anno della nostra salute 1815 nella sacra domenica di Pentecoste, che avvenne in quell’anno ai 14 maggio, fu con solennissimo rito, e colla più veneranda, e sacra cerimonia col terzo Diadema di oro incoronata la degnissima Regina dei Cieli, la pietosissima Madre della Consolazione dall’Arcivescovo di Benevento D. Domenico Spinucci, assistito dal Vicario Capitolare, dall’Arciprete di Frigento, e da numeroso Clero. Siccome può vedersi dall’incisa iscrizione su di un lungo marmo situato a sinistra della sacra Cappella, la quale vi è incisa ancora la coronazione del 1806.
D. O. M.
PRAECELSAE. DEIPARAE. FAUSTO. CONSOLATRICIS. TITULO. ADORATAE. PUBLICAE. INCOLUMITATIS. VINDICI. PRAESENTISSI. AE. VENERABILE. CAPUT. QUOD. PER ILLMUM. SEBASTIANUM. DE. ROSA. ABELLINENSEM. FREQUENTINENSEMQ. PRESULEM. SACRA. PENTHECOSTES. DIE. A. D. MDCCCVI. TRIBUANA. PERINSIGNI. CELEBRITATI. ALTERO. EX. AVRO. DIADEMATAE. DEVOTISSIMVS. POPVLVS. CORONAVERE.. TANDEM. EX. EXCMO. DOMINICO. SPINVCCI. BENEVENTANO. ARCHIEPISCOPO. INDEM. PENTHECOSTES. DIE. A. D. MDCCCXV. TRIDUI. PERAGENDO. SOLEMNIA. TERTIA. AVREA. CORONA. EXORNARI. FECERVNT. ATQVE. TANTI. IN. SOSPITAM. OBSEQVII QVO. TESTATIOR. PRODIRET. POSTERITATI. MEMORIA. AEQUES. IOSEPH. DE. IORIO. DUX. LEGIONIA. AERE. SUO. APPONI. CURAVIT. HOC. IN. MARMORE. MONUMENTUM.
Numeroso oltre ogni umana credenza, e straordinario fu il concorso del popolo, talmentechè a tanta gente anguste erano le piazze, le strade, le abitazioni tutte. La festività per tutto il sacro triduo riuscì solennissima, e compita in tutti i numeri recando a cittadini non meno, che i forestieri la massima soddisfazione, ed allegrezza; specialmente che in questo medesimo tempo corsero le liete novelle di essere giunte all’acquisto del nostro Regno l’Arme Austro-&cule e di essere prossimo il ritorno del nostro ben amato Sovrano Ferdinando, e tale circostanza mentre accrebbe sommamente la gioia, diè campo ad alcuni assassini forestieri, e paesani di meditare il più scellerato disegno, che per brevità qui si tralascia di divisare minutamente il fatto, perché porterebbe troppo a lungo; onde se ne accenna solamente il loro reo progetto, il ché poi tutto ridondò a gloria della nostra pietosa Regina.
- Questi assassini adunque se ne stavano appiattati in una casa di questo Comune, ignorati da tutti, ed aspettando il momento di sì memorando giorno consacrato al culto della nostra Madre della Consolazione, specialmente il tempo delle solennità Chiesastiche, quando tutta la gente stava raccolta in Chiesa o pure il tempo della Processione per dar principio alla loro nefanda meditata impresa, cioè di fare la più crudele strage, precisamente dei principali Cittadini; ed indi venire al saccheggio, ed all’altre perversità, che si avevano prefisse. La mente rifugge nel pensare alla orrenda carneficina, al detestabile macello, allo spavento, al terrore, in che dovean trovarsi questi miseri cittadini, colpiti all’impensata e nel meglio di loro gradimento. E tutto in realtà sarebbe succeduto, attesi gli animi decisi di quegli scellerati e le prave loro disposizioni, se non vi fosse stato chi avesse vigilato alla custodia di questo paese. Ed in fatti, oh meraviglioso prodigio! nel momento, che gli assassini suddetti erano in procinto di fare la violenta irruzione, e dare esecuzione a quanto si erano scelleratamente proposto, nell’istante in cui la processione cominciava a girare pel paese, ecco immantinente insorge una voce, senza mai poter discoprire donde ebbe i1 suo principio, che da una numerosa truppa dello sbandato esercito, davasi il saccheggio a due nostri limitrofi paesi, patrie della maggior parte degli accennati assassini. A tal voce i forestieri, che in gran moltitudine vi erano intervenuti, all’istante quasi tutti se ne partirono a caterve nelle loro Patrie rispettive, piangendo ed invocando la pietà della Madre di Consolazione. I cittadini si ritirarono anche essi immediatamente in casa, mettendosi in guardia la pubblica forza e sull’armi; e contemporaneamente i nascosti assassini, armata mano, e mordendosi le labbra, scapparono furiosamente dalla casa dove stavano racchiusi, e correndo si diressero verso quei paesi, dei quali si vociferava il saccheggio; ma se per difendere, o pure per saccheggiare le loro Patrie essi solo sapevano. Arrivati i forestieri ai loro Comuni le trovarono tranquille, e pacifiche e di tutto altro parlavasì, che dello sbandato esercito e di saccheggio, e perciò attribuirono essì tutti a cosa certamente misteriosa la divulgata voce, e dopo saputo il fatto ne restarono ammirati, e convinti. Che anzi svanita poi la diceria, e scoverto il minacciato esterminio colla fuga degli scellerati, fu poi opinione di tutti, e cittadini e forestieri, che l’insorta voce di saccheggio fu tuta miracolosa, specialmente per non sapere d’onde avesse avuta la sua origine; ed i rimasti forestieri, che non partirono colla folla, ma dopo lo scovrimento del narrato, se ne andarono tutti pieni dì meraviglia e di stupore; considerando il gran miracolo a noi ottenuto da Dio dalla nostra Madre della Consolazione.
Ma la cosa più mirabile, che si osservò in si gran prodigio si fu, che: essendo il tempo più sereno, si vide con stupore di tutti annebbiarsi l’atmosfera di un tratto, sciogliersi in dirotta pioggia, per maggiormente impedire il barbaro attentato di quei facinorosi, e liberare i suo,i devoti dalla più atroce carneficina.
Dimodocchè questi Cittadini, vedendosi miracolosamente liberati dall’impensato spaventevole eccidio, tutti attoniti e stupefatti, e senza prender cibo in quel giorno, non cessavano in ogni momento di ringraziare la loro pietosa Benefattrice; come pure tutt’ora quante volte se ne rammentano, non possono fare di meno di non renderle i più vivi ringraziamenti.